Perché non raggiungiamo gli obiettivi che ci diamo?
E perché la volontà non serve anzi può essere controproducente 😏
Durante questa settimana una mia cliente mi ha raccontato della mortificazione che ha provato diverse volte in vita sua quando puntualmente non è riuscita a raggiungere l’obiettivo che si era data.
Ci siamo trovate d’accordo sulle emozioni che si provano: sconforto, amarezza, delusione. Ci si sente dei falliti in certi casi (o forse anche in tutti…).
Questa sua riflessione ne ha generata una in me che mi ha spinto a ricercare.
Perché non raggiungiamo gli obiettivi che ci siamo dati?
Se gli impedimenti non sono stati esterni, ma interni, cosa ci ha impedito di portare a termine il nostro proposito?
L’azione dei trigger interni
I trigger interni sono soprattutto le convinzioni limitanti, il limite del nostro stesso ragionamento. Le voci che continuamente alimentano il nostro dialogo interiore nell’introdurre una nuova abitudine sono dannate e dannose.
Ci perseguitano e fanno leva sulla nostra incapacità oppure come delle scimmiette sulla spalla ci convincono che possiamo rimandare a domani.
Quando fumavo erano le mie amichette preferite: erano perennemente lì a dirmi che potevo iniziare dopo un’altra sigaretta…
Ragioniamo bene: se ho bisogno di andare in palestra ogni giorno e mi do questo come obiettivo, come mai mi ritrovo a non andarci pur avendo il tempo di farlo?
La risposta potrebbe apparire scontata: non ci sono voluta andare. Ma questa risposta, pur nella sua ovvietà, solleva un’altra domanda, più difficile della precedente: perché non ci sono voluta andare? Cosa nei miei pensieri mi ha limitato?
Qui non riescono a funzionare nemmeno le tecniche di to do list.
Ci sono passata: la lista rimane nel cassetto. Le notifiche push che inseriamo come promemoria nemmeno le guardiamo. A momenti ci infastidiscono: ci ricordano una cosa che non abbiamo intenzione di fare.
Salvo poi mi ritrovarmi a fare sessioni sportive estremamente impegnative di due ore in un unico pomeriggio, dimenticando che invece è la costanza che fa la differenza.
Esercitare la volontà e schiodarsi dalla sedia non pare sortire effetti degni di nota. Volerlo non basta?
No, hai voglia che ci tartassano con questo adagio!
Se non aiuta la volontà, allora cosa ci rimane?
Mi pongo questa domanda ancora e ancora.
Ragioniamo d’accapo.
La palestra mi serve per stare bene sempre, non per perdere i chili di troppo. Perciò non può essere un’azione una tantum, ma si tratta di iniziare un’abitudine che farà parte della mia quotidianità.
Ci sono delle cose per cui la razionalità riesce ad avere la meglio nella mia vita?
Sì, ci sono delle cose che faccio senza pensarci e che per qualcuno sono impensabili. Vado a letto presto da ormai 6 o forse 7 anni.
Alle 9 della sera inizio a non desiderare altro che silenzio e relax. E un cuscino.
L’età, tu dirai.
Non credo.
Invece ho sperimentato che iniziare a lavorare alle 9 del mattino determina una produttività più bassa. Così se non ci pensa il gatto a buttarmi giù dal letto alle 6, normalmente mi sveglio per conto mio o sono io che sveglio lui (e che cavolo!).
Per molti è impensabile svegliarsi così presto, è una sofferenza. Per me è un’abitudine rodata e molto spesso un piacere.
Questa abitudine è venuta fuori gradualmente nel tempo quando mi sono resa conto che ciò che facevo entro il mezzogiorno era qualitativamente superiore allo stesso equivalente di ore, ma applicato in altra fascia lavorativa.
Non c’è sforzo e non metto la sveglia, il corpo ormai sa di cosa ha bisogno ed è in grado di regolarsi.
Ecco: questa è un’abitudine che non viene applicata mio malgrado dal lunedì al venerdì, ma è così anche di domenica quando posso godermi un giro in bicicletta al mare e una colazione col fresco e col silenzio di quell’ora.
Capisci? Ciò che ci fa bene non dipende dall’obiettivo, ma da quanto ci piace il processo. Più che lo svegliarmi presto, a me piace cosa posso fare a quell’ora e quanto mi vengano meglio le azioni. Per cui l’obiettivo viene raggiunto perché è l’amore per il processo che lo permette.
Ho provato ad applicare questo concetto alle procedure che mi annoiano, ma che mi permettono di raggiungere un obiettivo importante. Sai cos’è successo? Quella procedura è diventata sfidante!
Per tornare alla palestra, l’obiettivo non è perdere peso, ma stare in forma tutta la vita e la palestra (o il trekking, o il tennis o la bicicletta) è uno dei modi che attuo per fare questo.
Autonomia, padronanza e scopo: mi so allenare, conosco i principi della nutrizione, ho padronanza dei processi.
Come diceva Arrigo Sacchi, se sai bene la procedura o lo schema, poi in campo ti puoi permettere di improvvisare.
Last, but not least, ho uno scopo che richiama continuamente i miei valori più profondi.
Autonomia, padronanza e scopo.
La volontà da sola ti farà sentire un inetto.
Se invece diventi padrone di ciò che stai facendo e capisci perché fare in quel modo è controproducente e fare nel modo opposto giova, allora non ci sarà bisogno di allenare continuamente la motivazione, né la volontà.
Stabilire l'abitudine di allenarsi ogni giorno è fondamentale perché il nostro corpo e la nostra mente sono progettati per il movimento. Questa necessità risale ai tempi degli uomini primitivi, quando il nostro cervello limbico era adattato per la corsa e la caccia. Questa necessità di attività fisica è ancora presente, anche in senso metaforico. Il movimento è gioia.
Trascorrere 8-9 ore al giorno seduti alla scrivania può portare a una diminuzione della volontà e a una sensazione di stanchezza mentale. La mancanza di attività fisica può compromettere la nostra volontà e la nostra energia mentale dopo lunghe ore passate alla scrivania.
Non sono un coach sportivo, ma le considerazioni iniziali sono le stesse sia per un manager che per un tennista. Entrambi devono essere innamorati dell’andare da una parte all’altra del campo inseguendo una pallina, impedendo che qualcuno ti faccia punto.
Se vuoi solo impedire che l’avversario ti faccia punto farai una partita tesa e malsana.
Se invece ti diverte mandare la pallina dall’altra parte del campo, allora il campo è tuo e tu ti diverti.
Alleniamoci a rivedere i processi e farli diventare nuove modalità di attuazione. Rivedi quello che non ti garba e chiediti: cosa lo renderebbe divertente?
L’immagine di copertina l’ho scattata ieri mentre camminavo al mare. Mi ha colpito molto perché dentro ci ho visto:
amore per se stessi;
amicizia;
amore per la natura;
stima di ogni essere vivente;
rispetto del creato;
voglia di star bene.
Mi è sembrata il riassunto di tutto ciò che ho scritto oggi.
Stai bene, tu e le tue nuove sfide!
Mariangela Lecci
👩 Chi sono e cosa posso fare per te
Mi chiamo Mariangela Lecci e faccio il consulente di comunicazione e marketing, sono docente e coach. Il mio quartier generale è a Cattolica, in Emilia-Romagna, vicino al mare.
Il mio impegno è dedicato a sostenere le piccole aziende e i liberi professionisti nei loro percorsi di crescita, sia a livello professionale che personale.
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