Il valore dei modelli e... del sorriso.
Abbiamo bisogno di qualcuno che ci faccia vedere che quella strada è possibile. Incontro con Amalia Ercoli Finzi
Ieri mattina ho avuto il privilegio di ascoltare e stringere la mano ad Amalia Ercoli Finzi. Nell’ambito della rassegna “Mare di Libri”, un festival letterario che si tiene a Rimini ogni anno, dove il target sono gli adolescenti e i giovani adulti, al Teatro degli Atti è avvenuto questo incontro davvero speciale.
Io ero un’imbucata, considerata l’età. Ma la mia stima per questa donna è enorme e non mi sono lasciata sfuggire questa possibilità.
Amalia Ercoli Finzi è una ricercatrice di 86 anni, prima laureata italiana in ingegneria aeronautica, docente di meccanica orbitale al Politecnico di Milano, consulente scientifica della NASA, dell’ASI e dell’ESA.
Antesignana femminista: quando da piccola le dicevano che certi lavori erano da uomini, lei chiedeva: “Perchè?” e la risposta era sempre “Perchè di sì”. Questa risposta così poco attendibile dal suo punto di vista l’ha spinta proprio dove era non appropriato secondo la mentalità comune e collettiva.
Il suo sogno nel cassetto prima di morire è di guidare la missione su Marte. Sostiene di potercela fare coi tempi, ci terrebbe molto a esserci e a dare il proprio contributo, dalla Terra naturalmente.
Se non sei ancora iscritto a questa newsletter puoi farlo da qui.
Quanto vale un sorriso
L’esordio di questo incontro divulgativo è stato pazzesco. Le sue parole:
“La gentilezza delle donne è intrinseca nelle donne. Noi abbiamo questa capacità di rivolgerci agli altri con un tratto gentile, ovvero di tener conto dei desideri e delle necessità degli altri. Ma nessuno ce la riconosce. Ecco! Per forza: siamo donne! Il valore di un sorriso è un valore grandissimo che può cambiare le relazioni tra le persone. Mai che ci diano 1€ in più perché abbiamo sorriso e questo è un errore.
Allora io raccomando alle donne di continuare a sorridere e di chiedere che questo venga monetizzato.”
Il primo scroscio di applausi dopo neanche due minuti dall'inizio.
Continuare a studiare per coltivare la curiosità
Alla conferenza era presente anche sua figlia Elvina, ingegnere anche lei. Figlia di una donna enorme per sua stessa ammissione, ha dichiarato di non avere avuto le idee subito chiare come sua mamma, che anzi questo modello di riferimento abbia avuto un influsso positivo, ma non sulla sua chiarezza d’intenti. In famiglia erano tutti ingegneri, lei voleva studiare Giurisprudenza, ma non ne era sicura. Suo padre si permise di dirle:
“Beh, ma intanto che capisci cosa vuoi fare, suggerisco un paio di anni di ingegneria…” 😂
La curiosità è un motore potentissimo. Lei ha fatto lavori davvero diversi tra loro e quello che l’ha sempre sorretta è stata la curiosità.
Studiare è un modo di nutrire la curiosità, chi è molto curioso impara anche molto in fretta e non sente attrito nell’apprendimento. Sperimentare all’inizio della propria carriera, dice Elvina, è un ottimo modo per comprendere meglio le proprie capacità e dare spazio alla curiosità.
Le materie scientifiche per le donne: l’importanza degli educatori
Si pensa che le donne non abbiano né la tempra, né il tempo, né il talento per occuparsi di materie scientifiche: eppure i cervelli dell’uomo e della donna sono uguali. Semmai sono le percezioni che cambiano. Ma allora perché si fa fatica a pensare i lavori di cura (tipicamente femminili secondo un certo retaggio culturale) per gli uomini e i lavori di esplorazione e analisi per le donne?
Gli educatori hanno un ruolo estremamente importante in questo. Pensiamo ai giocattoli: si regalano i set di cacciaviti e chiave inglesi ai bimbi e la cucina con piatti e stoviglie alle bimbe. Iniziano già qui i primi stereotipi di genere. Se un bambino si arrampica su un albero è un potenziale atleta, se lo fa una bambina è una scimmietta da domare in vista delle buone maniere.
Noi educatori abbiamo un ruolo incredibilmente importante nel fare la differenza. In 6 anni di docenza di apprendistato ho avuto solo una ragazza con la patente del muletto, responsabile di magazzino. Raccontò che un corriere quando la vide alla porta dell’azienda, le chiese la cortesia di chiamare un uomo. Lei lo lasciò lì finchè non avesse cambiato idea. E lui dopo qualche minuto la cambiò.
C’è ancora moltissimo da fare. Anche se nelle aule che tengo è sempre più evidente il numero di donne lavoratrici, quando insegno ad esempio il processo produttivo (e qui ci sono meccanici, saldatori, muratori, magazzinieri) il numero di uomini è ancora superiore. Io stessa in una parte del mio lavoro che è quello tecnico del web mi rendo conto che le donne non sono tante e che se mi metto a parlare di tecniche di posizionamento e visibilità sul web non è che si crei tutta questa collaborazione con i colleghi uomini. Anzi, una volta un uomo ebbe l’uscita di ingegno di farmi presente che erano materie troppo difficili per me, che mi conveniva lasciar perdere…
Le discriminazioni di genere sono una cosa reale.
Intendiamoci: io non sono per dare battaglia agli uomini, ma per la collaborazione e l’integrazione poiché questo regala più ricchezza, più possibilità. Abbiamo bisogno di fare massa critica per permettere a certi stereotipi di tramontare definitivamente.
Abbiamo bisogno di seguire le nostre inclinazioni naturali e coltivarle, senza aspettare l’approvazione degli altri.
Testualmente le parole della Ercoli Finzi sull’argomento:
“In ciascuno di noi c'è una nicchia di eccellenza. C'è qualcosa che noi sappiamo fare meglio degli altri. Il compito della famiglia, ma soprattutto degli educatori, è quello di riuscire a tirar fuori questo. Ci saranno quelli che saranno bravi in matematica o quelli che avranno capacità psicologiche eccezionali, ma in ciascuno di noi c'è qualche cosa di assolutamente prezioso: ciascuno di noi è un universo.”
Gli educatori devono provare con tutto se stessi a tirare fuori da coloro di cui sono responsabili il cuore del loro talento: che io sia genitore, che sia maestra, che sia professore, zia, nonna e così via, se mi occupo di qualcuno che sta cercando o formando la sua identità, ho il dovere di affiancarlo affinché lui sia se stesso: non ciò che voglio io, non ciò che mi aspetto io.
Il ruolo dell’educatore è uno dei più tremendi a livello di responsabilità. Ma è anche determinante.
La stima di sé va alimentata
“La stima di sè è come una pianta delicata alla quale basta un vuoto perchè a un certo punto, non dico scompaia, ma vada in crisi. Basta un commento cattivo di un professore o di un vicino di casa, o di un compagno perchè la stima di sé vada in crisi.” A. Ercoli Finzi
Per alimentare questa stima in modo positivo e profittevole si deve anche attingere a modelli di riferimento consoni.
Il modello è qualcuno che ti fa vedere che percorrere quella strada è possibile. Se non l’hai mai visto fare, pensi che non esista. Peggio ancora: se ti hanno proposto/imposto il modello contrario, per te esisterà solo quello.
Durante le sessioni di coaching, incontro molte donne, imprenditrici o dipendenti, piene di sensi di colpa perché lavorano. Si sentono reiette, strane, sole. Per il solo fatto di non essere presenti in casa a preparare il pranzo e la cena come consuetudine sociale pretenderebbe. Ci vogliono i mesi per uscire da questo labirinto opprimente e capire che è la mancanza di stima personale che mi piega a fare come vogliono gli altri per paura di scatenare una sommossa popolare e di finire alla pubblica gogna.
“Che succede se non prepari la cena? Di cosa hai paura?”, chiedo
“Di non essere accettata”, è la risposta più frequente
Non è sufficiente influenzare “l’intorno”
Accettazione personale e accettazione sociale avranno magari tempi diversi, ma l’importante è cosa ho nel cuore io. Scrivo queste cose perché non basta dirlo a chi abbiamo vicino: abbiamo bisogno di parlare ogni giorno di questa faccenda. Metà del cielo è ancora sofferente, caduca, timorosa.
Bisogna arrivare più lontano, attraverso i social, la scrittura, la divulgazione fuori dal nostro intorno.
L’intelligenza artificiale non è esente da bias cognitivi
E per chiudere, un argomento attuale, nonchè importantissimo, menzionato durante l’incontro di ieri con le Finzi.
Joy Buolamwini è una ricercatrice di intelligenza artificiale che ha fondato un movimento che si chiama Algorithmic Justice League.
La Buolamwini ha condotto una ricerca che ha dimostrato come alcuni sistemi di riconoscimento facciale siano meno precisi nell'identificazione delle persone di colore rispetto a quelle di pelle chiara. Questo ha evidenziato come l'assenza di rappresentanza e diversità nella fase di sviluppo degli algoritmi possa portare a risultati discriminatori.
“I sistemi di intelligenza artificiale non controllati, non regolamentati e, a volte, indesiderati possono amplificare il razzismo, il sessismo, inficiare le abilità e determinare altre forme di discriminazione.”
L'Algorithmic Justice League (AJL) è un progetto che si impegna a combattere le ingiustizie e le discriminazioni presenti negli algoritmi e nei sistemi di intelligenza artificiale (AI).
L'AJL si propone di affrontare le discriminazioni razziali, di genere e altre forme di bias che possono essere incorporate negli algoritmi AI, portando a decisioni ingiuste o perpetuando pregiudizi e disuguaglianze esistenti.
In questo video la fondatrice racconta come il riconoscimento facciale non avveniva a meno che lei non indossasse una maschera bianca.
Un ringraziamento
Grazie Ingegnere Ercoli Finzi! Quello che lei fa e il suo modo di comunicare ha un grande impatto su di me. La sua capacità divulgativa, la sua energia, la vicinanza alla condizione femminile, la sua battaglia per l’emancipazione mi ispirano e mi rinfrancano.
Andare su Marte, condividere equamente il cielo, coabitare senza pregiudizi: mi sono segnata tutto!
👩 Chi sono e cosa posso fare per te
Mi chiamo Mariangela Lecci e faccio il consulente di comunicazione e marketing, sono docente e coach. Il mio quartier generale è a Cattolica, in Emilia-Romagna, vicino al mare.
Il mio impegno è dedicato a sostenere le piccole aziende e i liberi professionisti nei loro percorsi di crescita, sia a livello professionale che personale.
Questa newsletter è un mio strumento operativo con cui resto in comunicazione con la mia community offrendo ispirazioni, senza disdegnare aggiornamenti e operatività.
La scrivo ogni lunedì. Se vuoi che un particolare tema venga trattato, fammelo sapere scrivendomi a info@mariangelalecci.it
👉Per scoprire di più sulla mia attività, ti invito a visitare il mio sito web: Mariangelalecci.it
👉Puoi trovare ulteriori contenuti interessanti sui temi di questa newsletter anche nel mio blog: https://mariangelalecci.it/blog
Grazie di essere parte di questa community!